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La Musica, l’Uomo, I’Intelligenza Artificiale

Ricordo ancora quando, sfogliando il libro di fisica delle superiori, vidi la fotografia di Einstein che suonava il violino. Un genio assoluto, eppure il violino lo suonava così così.


Einstein, che spesso si mostra con la sua famosa linguaccia, era attratto dalla musica e sicuramente provò a trasmettere qualcosa del suo genio con lo strumento in mano anche se forse qualche dote, almeno in questo campo, gli mancava.

Un visionario come Asimov, negli anni ‘70, s’immaginava robot capaci di suonare qualche strumento musicale, chissà con quale risultato. La sua fervida immaginazione aveva anche già previsto che tra le pareti domestiche ci sarebbe stato, in un futuro non lontano, l’ingresso di essere inanimati dalle grandi capacità: confrontate alle capacità di chi, però?

Possono forse un cane o gatto robot sostituire un cane o gatto vero, o perfino una persona umana?

Ho amici in Giappone, chiederò senz’altro al prossimo incontro: vidi un video su You Tube in cui un capace e bizzarro violinista giapponese simulava in diretta una partita del mitico videogioco  Super Mario Bros, usando corde doppie, glissati, rumori dell’arco vari, riproducendo tutte le situazioni e le melodie della colonna sonora originale mentre le immagini mute della partita scorreva:  uno spettacolo! La domanda giusta da chiedersi però è un’altra: aveva senso tutto ciò?

Che dire, l’effetto della musica elettronica originale era più adatta senz’altro. Le consolle dell’epoca poco potevano permettere agli sviluppatori, a corto di memoria e prestazioni; eppure il connubio tra grafica e musica era sensazionale e molto, molto originale, distante dalla realtà. Vorrei vedere quel violinista imitare uno dei videogame di oggi, in cui la musica è degna di una colonna sonora Hollywoodiana e la grafica in 3D è paragonabile a quella di un film digitale dell’ultima generazione.

L’elettronica e l’informatica avanzano e il tempo in cui la musica leggera era la villotta popolare, (perché si usava quello strumento che l’uomo ha da sempre, cioè la voce) sembra essere un passato nobile ma in rapida evoluzione.

Quello che spesso ci dimentichiamo, però, è che in realtà il mondo è sempre in continua ed incessante innovazione… anche nella musica. L’elettricità ha portato l’invenzione di nuovi strumenti a costo abbordabile, chitarre elettriche, sintetizzatori e tutto si evolve in continuazione: parola di uno che ha deciso di dedicarsi alla composizione con l’orchestra virtuale.

 Perché l’orchestra virtuale?

Con i computer di oggi, dirigere un’orchestra virtuale permette di avere una simulazione fedelissima del suono e delle dinamiche, assimilabili a quelle di un’orchestra vera. Per non parlare dei cori virtuali, che cantano e pronunciano le sillabe in molte lingue, senza decine di prove e direttori che ci mettono l’anima per raggiungere la meta che si prefiggono.

Ed eccoci al nodo centrale, l’anima. Sento l’orchestra virtuale: suona benissimo, è perfetta...ma l’ascolto e passa tutto. Anche se il corno ha tutte le dinamiche, dal pianissimo al fortissimo, i violini sono perfetti, le trombe ai sopracuti…. il cuore non batte.

Vado al concerto: applausi innati e spontanei, qualcosa in quello che è nato tra il direttore e la sua orchestra ha mosso il mio cuore ed il mio intelletto, a discapito forse della perfezione estetica.

Del resto a Hollywood lo sanno: umanizzare un’orchestra virtuale è un processo così costoso in termini di ore-lavoro che conviene registrare con la Praga Film Orchestra, raggiungendo risultati eccezionali. Se l’orchestra emoziona, il coro emoziona e il film emoziona… la gente paga volentieri il biglietto e “si fa botteghino”.

L’errore è umano, ma anche il pathos è umano. Provai un giorno a sentire i miei cd che prevedono il pianoforte, il violino ed il violoncello: ci impegnammo al massimo poi a riprodurli con gli strumenti virtuali, passando in studio 3 ore solo su un solo brano.

Il timbro dello strumento, forse sì, quello c’era, ma non “vibra” di vita: la chiamerei “esecuzione inanimata, perfetta nella tecnica ma nulla nel risultato”

Siamo condannati ad avere un’anima e rispettarla, a riconoscerla ed a viverla, a dispetto della perfezione tecnica. Scientificamente, parlare d’ingegneria biomolecolare può farci entusiasmare e sognare. Eticamente, parlare di cose così profonde e delicate dovrebbe farci trasalire.

Fino a che punto riusciremo ad avvicinarci alla creazione della vita artificiale? Riusciremo a creare veramente un robot che suona il violino con la tecnica e l’umanità di un grande Virtuoso e Concertista (con la maiuscola e non a caso)?

Chissà Einstein che ne direbbe, chissà Asimov che ne penserebbe: ciò che è sicuro è che la musica deve essere interpretata dall’interprete, vissuta dallo spettatore, in un’atmosfera di pura “aulicità metafisica”.

Solo lo studio di uno strumento musicale, l’ascolto della musica dal vivo, l’esercizio, la riflessione ed il miglioramento continuo, possono farci viaggiare in quella dimensione così elevata e intangibile che è la musica e che è l’arte in tutte le sue espressioni. 

Gabriele Saro